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San Salvatore: Il Silenzio del peccatore

 San Salvatore: Il Silenzio del peccatore
 Omelia di fra Paolo Messina - (26 Marzo 2024)
 2Sam 12,1-13; Sal 51; Gv 8,1-11

 

 In un giorno come un altro, di buon mattino, Gesù si  trova nel Tempio. Insegna a tante persone che vengono da lui, che cercano da lui una parola di verità. La sua voce viene interrotta dalla voce di alcuni scribi e farisei che accusano una donna. Quante parole sprechiamo davanti al Signore, per accusare il prossimo, per giustificare noi stessi? La denuncia di quegli uomini è stata tante volte la nostra. Giovanni ci descrive da un lato il popolo, che si reca con un cuore aperto ad accogliere le parole di Gesù; dall’altro gli scribi e i farisei che si avvicinano a Lui con un sentimento totalmente diverso, conducendo una donna “sorpresa in adulterio”.

Giovanni non a caso usa questo termine. Nel suo vangelo lo fa solo altre due volte quando parla di una contrapposizione tra la luce e le tenebre. Nell’inno che apre il vangelo, parlando della luce, Giovanni sottolinea che “le tenebre non l’hanno vinta/sorpresa” (Gv 1,5). Ed ancora Gesù, poco prima della sua ultima Pasqua, invita la folla, che confida nella legge, a camminare mentre c’è ancora la luce “perché le tenebre non vi sorprendano” (Gv 12,35).

Allora quella mattina in quel Tempio, nello spazio sacro dell’incontro tra Dio e l’uomo, si fronteggiano non solo due modi di pensare, di giudicare: quello degli scribi e dei farisei che propongono un’applicazione pedissequa della legge; e quella di Gesù che ha mostrato nel suo insegnamento la misericordia e il perdono. In quel giorno stanno di fronte le tenebre e la luce, per riprendere lo schema Giovanneo. Una domanda allora viene spontanea: “Anche questa volta la luce sarà capace di sopraffare le tenebre?”. Ed è la stessa domanda che siamo chiamati a porci ogni qualvolta rimettiamo i nostri peccati davanti al Signore, tutte le volte che ci rechiamo da lui per invocare il perdono.

D’altronde è vero quella donna è stata “sorpresa”, sopraffatta dal suo peccato, nel suo cuore non ha saputo lasciare che la luce prevalesse sulle tenebre. L’hanno scoperta, hanno svelato, questa sua debolezza, la sua caduta, il suo peccato. Quella luce di verità che si accende ogni qualvolta noi riusciamo a vedere il nostro peccato, quella salvezza che nasce perché finalmente non siamo più ciechi e perseveranti nella via delle tenebre, ebbene questa stessa luce non si accesa nella vita di quella donna. Anzi le sue tenebre sono state ammantate, circondate, da una tenebra ancora più buia e profonda, quella di quegli scribi e di quei farisei, che nel loro cuore di fronte al peccato altrui hanno dato spazio solo alla condanna e all’accusa.

Questa tenebra si avvicina a Gesù e diventa ancora più oscura. Non si accontentano di rendere pubblico il peccato di quella donna, ma vogliono mettere alla prova, vogliono tentare lo stesso Gesù. Le loro parole tradiscono il loro intento. La loro domanda sul come comportarsi svela quello che hanno nel cuore. Ma di fronte a quelle parole vuote Gesù risponde con un silenzio riempito solo dalla sua presenza. Quella di Gesù non è una mancata risposta, ma al contrario il suo corpo seduto e chinato a terra, la sua mano

che con il dito scrive sulla polvere, sono già la risposta a quella domanda. La sua presenza fisica, il suo corpo immobile sono ciò che Dio offre al peccatore. Difronte alle tenebre Dio non scappa, non fugge ma rimane, resta per portare luce nel cuore di ogni uomo che si avvicina a lui. È l’incontro che facciamo con lui nel ministero della Riconciliazione. Difronte al nostro peccato Dio non ci allontana né si allontana, ma ci ospita con un silenzio che accoglie tutti i nostri peccati.

Gesù in quel Tempio si fa lampada per portare la luce nel cuore di quella donna e di quegli uomini. Quella donna resta ancora in silenzio. A differenza degli scribi e dei farisei ha compreso che basta quella sua vicinanza a Gesù per essere redenta. In quel silenzio c’è la consapevolezza del proprio peccato, non tenta alcuna difesa. Quel silenzio al contrario è totale arresa all’amore di Gesù. Se gli uomini che l’hanno accompagnata nel tempio l’hanno più volte accusata pubblicamente, quell’uomoseduto che disegna per terra, le sta accanto senza proferire parola. I loro due silenzi si fondono, le tenebre del cuore di quella donna sono pervase, vinte, sopraffatte dalla luce di Cristo.

Simone Weil scriveva: “Chi è capace non solo di gridare ma anche di ascoltare, intende la risposta. Questa risposta è il silenzio. È il silenzio eterno. Chi è capace non solo di ascoltare, ma anche di amare, intende questo silenzio come la parola di Dio. Le creature parlano con dei suoni. La parola di Dio è silenzio. La segreta parola d’amore di Dio non può essere altro che silenzio. Cristo è il silenzio di Dio”.

Gli scribi e i farisei non intendono quel silenzio. Loro insistono, pretendono un giudizio, una parola chiara di Gesù. E alla fine Lui gliela dà: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” (Gv 8,7). È una verità che portiamo nel cuore, tutti siamo peccatori. Ma è una verità che è difficile da accettare, ed in fondo quegli uomini non lo fanno. Difronte a quella parola che porta luce nella loro vita, loro preferiscono ritirarsi nelle tenebre. Vanno via in silenzio, uno per uno. Ma il silenzio di quei peccatori porta con sé la mancanza di umiltà, di obbedienza. È un silenzio pieno di rancore, di acredine, un silenzio che non cerca il perdono.

Vanno via e lasciano Gesù e la donna là in mezzo. Perché lei non va via, lei resta, non fugge, ma si lascia penetrare dalla luce di quelle parole. Si ha compreso che è peccatrice, ma il peccato davanti a Gesù non significa condanna. La mia tenebra difronte alla Sua luce diventa luce. Se resto, se non scappo, se apro il mio cuore, come una finestra spalancata al mattino alla luce del sole, allora il perdono di Gesù mi raggiunge e mi cambia. Nessun mi ha condannato, non gli uomini, che non possono farlo, non Gesù che non è venuto per condannare ma per salvare.

E allora “va e non peccare più”, dice Gesù a quella donna. Lo ripete adesso Gesù a tutti noi. La sua non è una falsa promessa, è piuttosto la certezza che Lui, Luce del mondo, come si presenterà alla folla subito dopo l’incontro con quella donna, ha vinto le tenebre del nostro peccato, chi segue lui non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce

della vita (Gv 8,12). Accogliamo questa luce, accogliamo il suo silenzio perché “come non c'è albero simile alla croce, così non c’è un’armonia come il silenzio di Dio” (Simone Weil: È il silenzio di Dio).