- Servo di Dio Mons. Cirillo Zohrabian -
Servo di Dio Mons. Cirillo Zohrabian
Cirillo Giovanni Zohrabian, servo di Dio, nacque il 25 giugno 1881 ad Erzerum, città capitale dell’Armenia Maggiore (Turchia Asiatica), quinto di otto figli. Suo padre Vartan era un modestissimo fornaio, armeno autentico; la madre Sara Hovhannessian, una donna di straordinaria carità e di grande spirito di sacrificio. Nel 1898 entrò nel noviziato dei padri cappuccini di Costantinopoli, compí gli studi di filosofia e teologia a Buggià, dove venne ordinato sacerdote il 12 maggio 1904, e subito destinato alla missione del Mar Nero e precisamente a Erzerum, sua città natale. Qui si dedicò all’apostolato e all’insegnamento fino al 1914. Però, quando ripartí lasciò una chiesa, un orfanotrofio, una scuola elementare e un liceo.
Durante la Prima Guerra mondiale fu chiamato dai superiori a Costantinopoli: questo provvidenziale trasferimento lo salvò dallo sterminio, che si abbatté sopra la sua nazione. Trascorse i primi mesi di guerra a fare il cappellano e il professore nel collegio S. Giuseppe dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Kadikòy. Nel novembre del 1914, assieme a tutto il personale del collegio, venne cacciato dai turchi, sempre piú forti e sicuri del loro trionfo. Passò allora a dirigere il collegio S. Luigi dei Francesi, sempre a Costantinopoli; infatti quei padri, appunto perché di nazionalità francese, erano stati tutti internati o impediti nelle loro attività. Ma, poco dopo, i turchi lo cacciarono una seconda volta.
Dal 1916 al 1920 aiutò in tutti i modi i greci del Ponto e dell’Anatolia, perseguitati e angariati: quattro anni di missione nel silenzio dei campi di concentramento turchi, dove c’erano anche molti prigionieri italiani.
Il 7 marzo 1923, fu catturato dalla polizia turca, dopo una messa clandestina in una baracca. Qui termina la sua opera in favore dei fratelli perseguitati e incomincia la sua propria testimonianza. Il tribunale di Trebisonda lo condannò a morte per impiccagione. Fu condotto nelle carceri di Costantinopoli sotto scorta armata dove l’11 e il 12 marzo 1923 soffrí la terribile tortura turca del “palahán”: cinque volte sessanta colpi di verga sulle piante dei piedi. Poi la sentenza di morte fu commutata in quella di esilio perpetuo.
Si imbarcò sul “Galitea”, diretto a Roma per incontrarsi con i superiori maggiori e ricevere nuovi ordini; ma a Corfú l’arcivescovo lo pregò di rimanere per assistere i molti armeni residenti nell’isola. Per loro fondò scuole, collegi e colonie, non solo a Corfú, ma anche nelle numerose isole del Mar Egeo, ad Atene e in molte altre città greche; tutto questo senza neppure tante risorse economiche, ma sempre con illimitata fede nella Provvidenza e anche per sua abilità personale.
Rimase in Grecia dal 1923 al 1938, prima come cappellano degli armeni di Corfú e poi ordinario, dal 1925, di tutti gli armeni residenti in Grecia. Anche se nominato ordinario degli armeni in Grecia (21 dicembre 1925), lo Zorhabian rinunciò alla dignità episcopale per non suscitare difficoltà tra gli ortodossi. Ma, nonostante che il suo lavoro fosse fecondo e proficuo a favore dei greci perseguitati in Turchia, la sua persona risultava molesta al governo; infatti, nel 1935, dovette lasciare la Grecia, rientrandovi tuttavia il 26 ottobre 1936.
Il 21 novembre 1938, tramite una lettera del patriarca Gregorio Pietro XV Agagianian, da Beirut ricevette la nomina di vicario patriarcale dell’Alta Gezira in Siria, con destinazione quindi ad un altro campo di apostolato. Accettò di essere il vescovo dell’Alta Gezira e lo sarà dal 1938 al 1953. La consacrazione episcopale avvenne il 27 ottobre 1940 a Beirut; ebbe il titolo di vescovo titolare di Acilisene. Durante questi anni di episcopato, curò soprattutto il clero, fondò scuole, educò i giovani, testimoniò ogni giorno la carità verso tutti. Basti dire che la lotta che dovette sostenere, culminò con il carcere nel 1949 e con la interdizione a rientrare in Turchia (1953).
Chiamato a Roma continuò, quasi ottantenne, il suo “servizio” alla Chiesa e ai fratelli, con delicate missioni e visite alle comunità e colonie armene sparse per l’Europa e l’America Latina. Scrisse le sue Memorie di vita missionaria (Palermo 1965), nelle quali emergono l’amore grandissimo per il suo popolo perseguitato e i tratti della sua personalità.
Morí a Roma il 20 settembre 1972 ed è sepolto nella chiesa dei cappuccini di Palermo. Crescendo la fama di santità, su richiesta dell’arcivescovo di Palermo, la S.Congregazione per le Cause dei Santi, il 22 marzo 1983, concesse il nulla osta per la costruzione del processo di beatificazione.